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Idoneità alla guida: rischi, conseguenze e costi degli incidenti stradali

Come si pone il medico del lavoro nei confronti dei rischi legati alla guida? In questo breve estratto cerchiamo di precisare i limiti esatti del lavoro del medico competente da un punto di vista normativo e statistico.

Cosa si intende per “incidente stradale”? Per il medico del lavoro come per gli altri, l’incidente stradale è “il fatto verificatosi nelle vie o piazze aperte alla circolazione nel quale risultano coinvolti veicoli (o animali) fermi o in movimento e dal quale siano derivate lesioni a persone”: si tratta della definizione esatta riportata dalla Convenzione di Vienna (1968), da cui sono poi derivate le varie normative nazionali successivamente adottate dai vari paesi.

In Italia, il medico del lavoro può distinguere tra due macro-categorie di incidenti: quello che si verifica in servizio, nel corso delle attività lavorative, e “l’incidente stradale in itinere“, ossia lungo il tragitto dall’abitazione al luogo di lavoro.

Nonostante i notevoli passi avanti compiuti in anni recenti in termini di sicurezza, i margini di miglioramento sono ancora ampi. Secondo dati del 2009, ogni giorno in Italia si verificano in media 600 incidenti stradali. La strada costituisce quindi un ambiente di lavoro dove il medico competente deve necessariamente intervenire con una valutazione dei rischi specifici e con un programma di formazione e prevenzione.

Parlando di prevenzione, il primo aspetto del lavoro del medico competente impegnato “su strada” deve essere la valutazione dell’idoneità alla guida del personale impiegato. Alla base dell’attività del medico del lavoro c’è quindi la verifica delle capacità di performance del conducente. In questi casi, il medico del lavoro non può limitarsi alla semplice tutela dell’integrità psico-fisica del lavoratore: quest’ultimo deve infatti essere in grado di rispettare gli standard di sicurezza anche in caso di mansioni complesse. In altre parole, il medico del lavoro è responsabile anche per le persone che il lavoratore addetto alla guida può mettere a rischio con comportamenti non sicuri.

Uno dei parametri che il medico del lavoro deve tenere necessariamente in considerazione è la capacità del conducente di reagire alle situazioni di pericolo, ovvero i suoi riflessi. In questo senso, il medico del lavoro può fare riferimento alla durata media proposta dalla Direzione Generale per la Motorizzazione, che si pone tra 0,9 e 1,4. Volendo fornire una regola sommaria a cui fare riferimento, potremo dire che il medico del lavoro può iniziare a definire come fonte di rischio ogni elemento che incida su questo intervallo: tutto ciò che altera la concentrazione del conducente contribuisce quindi ad aumentare la possibilità del verificarsi di una situazione di pericolo.

(A tal proposito fare riferimento a medicina del lavoro e i rischi dell’alcol)

Rispetto ad altri luoghi di lavoro, il medico competente deve sempre tenere presente che sulla strada la stragrande maggioranza gli incidenti sono dovuti al mancato rispetto delle regole.

Buona parte dell’attività del medico del lavoro impegnato su strada è quindi mantenere viva nei lavoratori la cultura per la sicurezza: ponendo attenzione al proprio stato psicofisico e promuovendo il pieno rispetto dei regolamenti stradali, il medico del lavoro può ridurre notevolmente il rischio di incidenti.

 

FONTE: http://www.anma.it/wp-content/uploads/2012/12/MCJ_4_2011.pdf  (Umberto Candura,)

 

Sorveglianza sanitaria e visite mediche

Sorveglianza sanitaria in medicina del lavoro: perchè ridurre la sorveglianza sanitaria ad una serie di visite mediche è sbagliato.

Quando si parla di sorveglianza sanitaria in medicina del lavoro, si intendono tutti quegli atti medici finalizzati alla tutela dello stato di salute e della sicurezza dei lavoratori.

La sorveglianza sanitaria viene messa in atto dal medico competente, tramite la valutazione dell’ambiente di lavoro, delle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa e dei fattori di rischio professionali. Il risultato di questa analisi è un giudizio di idoneità specifica alla mansione.

 

Oggi, la sorveglianza sanitaria è regolata dal D. Lgs. 81/2008 ed è possibile definirla come l’insieme delle visite mediche, degli accertamenti strumentali, delle informazioni sanitarie e dei provvedimenti adottati dal medico competente, per garantire la prevenzione dell’insorgere di malattie professionali e salvaguardare la salute dei lavoratori.

 

Evoluzione della normativa sulla sicurezza sul lavoro

La prima normativa ad occuparsi delle norme generali per l’igiene del lavoro risale agli anni Cinquanta: Decreto Presidente Repubblica 19 marzo 1956, n. 303 (DPR 303/56).

Era rivolto a tutte le attività con lavoratori subordinati, di imprese industriali, commerciali o agricole a gestione esclusivamente familiare e i lavori a bordo di navi mercantili e aeromobili, nonché le attività svolte in miniere, cave e torbiere.

Il DPR 303/56 prevedeva che tutti i lavoratori esposti all’azione di sostanze tossiche e infettanti o i lavoratori ritenuti a rischio da parte dell’Ispettorato del lavoro, venissero sottoposti a visite mediche effettuate da un medico competente (Art. 33).

Si trattava, ai tempi, di semplici visite mediche, non essendo ancora in uso gli esami strumentali e biologici che oggi sono comuni nella pratica medica della medicina del lavoro.

 

Una vera e propria sorveglianza sanitaria è stata attivata con il Decreto Legislativo n. 626 del 1994 (Dlgs 626/94). Questo decreto segna il passaggio da una logica prevalentemente risarcitoria ad un’azione preventiva. L’obiettivo, infatti, diventa quello di identificare ed eliminare i rischi per tutti i lavoratori, sia del settore pubblico che privato, di incorrere in malattie professionali o infortuni.

La figura del medico competente assume quindi un ruolo più ampio: non si limita ad effettuare le visite mediche dei lavoratori, ma effettua la sorveglianza sanitaria preventiva e periodica, redige le cartelle sanitarie di ciascun lavoratore, collabora con il datore di lavoro all’identificazione dei rischi e all’ideazione di un programma di prevenzione e protezione, valuta gli ambienti di lavoro ed esprime giudizi di idoneità alla mansione dei lavoratori.

 

Oggi, alla luce del ex. 626 del 1994 e il Decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008 (Dlgs 81/08), intendiamo per sorveglianza sanitaria tutti gli accertamenteti sanitari differenti per ciascuna mansione per poter arrivare a definire l’idoeinità al lavoro.

 

Tutte questi accertamenti sanitari, comprendono esami strumentali, clinici, visita medica, eventuali indagini diagnostiche specifiche e verifiche approfondite in caso di sospetta dipendenza da alcol o da sostanze stupefacenti. Per ciascun dipendente viene redatta una cartella sanitaria privata, contenente tutti i risultati delle visite effettuate. Il medico competente provvede a emettere giudizi di idoneità alla mansione specifica e a comunicarli al datore di lavoro e al lavoratore stesso.

Definire la sorveglianza sanitaria come una visita medica è, dunque, obsoleto e non permette di esprimere al meglio il giudizio di idoneità.

 

Sorveglianza sanitaria: valutare i fattori di rischio

Il medico competente è tenuto a valutare i fattori di rischio inerenti la specifica mansione di ciascun lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria. È chiaro che ogni mansione presenta diversi fattori di rischio, che dipendono da numerose variabili.

 

Ecco i principali fattori di rischio:

–          Videoterminale

–          Rischio chimico

–          Agenti cancerogeni / mutageni

–          Rumore

–          Vibrazioni

–          Movimentazione manuale dei carichi

–          Rischio biologico

–          Lavoro notturno

–          Radiazioni ionizzanti

–          Radiazioni ottiche artificiali

–          Campi elettromagnetici

–          Sovraccarico bio-meccanico dell’arto superiore

–          Lavoro in altezza

–          Microclima

–          Polveri

–          Postura eretta fissa, postura seduta fissa, postura incongrua

–          Rumore

–          Stress da lavoro correlato

 

Al datore di lavoro spetta il ruolo di attivare la sorveglianza sanitaria, ricordandosi che la violazione degli obblighi in materia di vigilanza sanitaria è punita, con entità diversa a seconda dei singoli obblighi, con la sanzione alternativa dell’ammenda o dell’arresto.

 

Rischio movimentazione manuale dei carichi

Rischio nella Movimentazione Manuale di Carichi e Sorveglianza Sanitaria: responsabilità e indicazioni per il medico competente

Rischio nella Movimentazione Manuale di Carichi e Sorveglianza Sanitaria: responsabilità e indicazioni per il medico competente all’interno dell’azienda.

Il rischio da movimentazione carichi è uno degli scenari con cui il medico competente viene più spesso a contatto, soprattutto contesti aziendali legati all’ambito edilizio. La normativa riguardante il rischio da movimentazione carichi viene trattata nel titolo VI del D.Lgs 81/08: si definisce Movimentazione Manuale qualsiasi tipo di attività che comporti operazioni di sollevamento di un peso, azioni di trascinamento, spinta o spostamento che possano dare origine a disturbi e patologie a carico della colonna vertebrale, delle articolazioni e dei muscoli.

 

Non si parla solo di sollevamento di pesi: rientrano nella definizione di rischio di movimentazione carichi anche i movimenti ripetitivi e continuati da cui possono nascere patologie tendinee e muscolari anche gravi.

 

Rischio Movimentazione carichi: i compiti del medico competente

Il primo compito dei medici competenti che si confrontano con il rischio da movimentazione carichi è ridurre al minimo la fonte del rischio sul posto di lavoro. Qualora questo non sia possibile, il medico deve adottare tutte le misure tecniche utili mirate a ridurre gli sforzi richiesti ai lavoratori e le movimentazioni manuali, richiedendo l’utilizzo di attrezzature meccaniche quali paranchi, gru, carrelli e muletti.

La valutazione del rischio da movimentazione carichi può essere fatta in diversi modi: ogni metodo ha l’obiettivo di standardizzare le possibili operazioni a rischio tramite valori numerici e la definizione della soglia di rischio calcolato.

 

Ad oggi, il metodo più utilizzato per la valutazione del rischio da movimentazione carichi è il metodo NIOSH, messo a punto dal National Institute of Occupational. Tale metodo si distingue per essere applicabile sia a compiti semplici che ad attività composte da più operazioni successive e permette di determinare un indice numerico di rischio partendo da un carico massimo sollevabile in condizioni ottimali e applicando diverse caratteristiche peggiorative del movimento. Tra le variabili incluse nel NIOSH ci sono genere ed età del lavoratore esposto.

Altro metodo diffuso per la valutazione del rischio da movimentazione carichi è il metodo OCRA (Occupational Repetitive Action), molto simile al NIOSH: tramite l’implementazione di semplici check-list si stabilisce un indice di rischio numerico, che confrontato a dei valori tabellari restituisce il piano di azione da applicare.

 

Attrezzature per Rischio Movimentazione Carichi

Tra le attrezzature che il medico competente può consigliare per prevenire il rischio da movimentazione carichi c’è il carrello per scale, che permette lo spostamento di pesi in salita e discesa senza affaticare il lavoratore. L’utilizzo del carrello per scale può essere richiesto dal medico competente stesso qualora lo ritenga necessario per evitare conseguenze legate al rischio da movimentazione carichi; normalmente l’installazione del carrello per scale viene concordata con il Datore di lavoro.

 

(Fonte: http://www.anfos.it/sicurezza/rischio-movimentazione-manuale-carichi/)

 

Alcol e Lavoro: normative, fattori di rischio e conseguenze dell’abuso

Il medico del lavoro e la legislazione in materia di abuso di alcolici: si tratta di un problema annoso che è stato affrontato in più occasioni. Ad oggi, tuttavia, il medico del lavoro non ha linee guida definite e chiare che gli permettano di distinguere tra i vari casi.

Com’è facile immaginare, in quelle attività lavorative in cui il rischio di infortuni risulta più elevato (per i lavoratori stessi o per terzi), la legge proibisce drasticamente l’assunzione e la somministrazione di bevande alcoliche o superalcoliche. In questi contesti, il medico competente sugli aspetti di medicina del lavoro e alcolmedicina del lavoro in azienda ha quindi anche l’incarico di eseguire controlli alcolimetrici direttamente negli ambienti di lavoro, ricoprendo quindi vere e proprie funzioni di vigilanza.

Per i lavoratori che presentano patologie correlate all’alcol, il medico del lavoro può ricorrere all’art. 124 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, alla contravvenzione del quale il medico del lavoro può far corrispondere una sanzione amministrativa.

In questo caso, tuttavia, il medico del lavoro si scontra con un inghippo legislativo. Da più di un decennio i medici del lavoro si trovano a dover far coesistere da un lato la verifica del rispetto del divieto di assunzione con la verifica di assenza di condizioni di dipendenza da alcol. Come spesso accade, la legislazione a cui i medici del lavoro dovrebbero fare riferimento risulta poco strutturata e “interpretabile” fin troppo facilmente. Il medico del lavoro deve quindi stare in costante equilibrio: da un lato, un mancato controllo potrebbe avere conseguenze nefaste sul buon corso dell’attività lavorativa, dall’altro un eccesso di rigore potrebbe compromettere allo stesso modo lo svolgersi delle attività.

A complicare lo scenario, il medico del lavoro operante in alcune Regioni deve tener conto dei documenti, da queste stilati, in cui le normative relative ai rischi dell’alcol in ambito lavorativo vengono, nuovamente, interpretate in modo non uniforme. Quei medici del lavoro che devono seguire più cantieri o attività sono quindi obbligati ad adattare le proprie rilevazioni ed, in definitiva, la propria professionalità ai singoli e diversi protocolli regionali.

Per facilitare l’attività del medico del lavoro nelle suddette zone è possibile tuttavia trovare dei punti in comune.

Tutte le legislazioni hanno infatti come obiettivo la verifica di di condizioni di alcol dipendenza. Le rilevazioni devono inoltre essere eseguite datore di lavoro e medico competente, i quali devono valutare il rischio a cui i lavoratori sono esposti in base alla documentazione relativa. Il datore di lavoro ed il medico devono inoltre organizzare e gestire il programma di formazione e informazione dei lavoratori nell’argomento in questione: per questo resta sempre valido il codice ICOCH, ossia l’esecuzione di test alcolimetrici tramite metodi non invasivi attraverso la determinazione dell’etanolo nell’aria espirata.

In occasione del 27° Congresso Nazionale di Roma, ANMA ha proposto una revisione delle normative attualmente in vigore: tale modifica prevede il medico del lavoro non più semplice esecutore dei testi alcolimetrici ma figura centrale nella rilevazione e risoluzione del problema. Il medico del lavoro dovrebbe quindi essere inserito in un network della prevenzione alcologica, trovando un ruolo ufficiale nel meccanismo di conferma diagnostica, trattamento e recupero.

 

FONTE: http://www.anma.it/wp-content/uploads/2014/04/Interno_MCJ2-SD.pdf (Marco Saettone, Consigliere nazionale)