Postazione videoterminale e Sicurezza sul Lavoro

L’attività lavorativa in postazione a videoterminale è disciplinata dal legislatore nell’ambito della sicurezza sul lavoro. In particolare, vengono definite le caratteristiche che la postazione deve possedere, gli obblighi del datore di lavoro e i compiti del medico del lavoro (ufficialmente: medico competente).

La normativa per i videoterminali

In ambito medicina del lavoro, la normativa di riferimento è il decreto legislativo n.81 del 2008 – Titolo VIII. Il decreto nel suo complesso tratta più attività lavorative dal punto di vista della sicurezza. Il suo nome “ufficioso” infatti è Testo Unico in Materia di Sicurezza sul Lavoro. Il Titolo VII, invece, si occupa esplicitamente delle attività lavorative nelle postazioni videoterminali.

Di grande importanza è anche l’allegato XXXIV del medesimo decreto, che descrive in modo dettagliato le caratteristiche che devono possedere la postazione videoterminale e l’ambiente di lavoro.

Nel complesso, l’impianto normativo stabilisce:

  • La definizione di videoterminale (schermo “alfanumerico” o grafico di qualsiasi tipo), posto di lavoro (insieme di attrezzature e ambiente, illuminazione compresa) lavoratore videoterminale (ovvero chiunque lavora con un videoterminale per almeno 20 ore settimanali al netto delle pause).
  • Gli obblighi del datore di lavoro, che deve predisporre un’analisi dei rischi per la vista, per l’apparato muscolo-scheletrico, per le condizioni mentali (affaticamento da stress). Il datore di lavoro, inoltre, deve predisporre misure idonee a contenere i rischi e nominare un medico competente che svolga una regolare attività di sorveglianza sanitaria. Un altro obbligo del datore di lavoro consiste nella formazione dei lavoratori circa le modalità di svolgimento dell’attività funzionali al mantenimento di un buono stato di salute.
  • Le caratteristiche base del lavoro quotidiano, con particolare riferimento al “diritto alla pausa”, lasciando comunque sufficiente margine di discrezione circa le modalità e la durata delle pause.
  • Le regole di base per la sorveglianza sanitaria da parte del medico competente.

Le caratteristiche della postazione videoterminale secondo la legge

In buona sostanza, la normativa riguarda tutti coloro che lavorano al computer per “molte ore” (almeno 20). Interessante è la parte dell’allegato XXXIV che descrive le caratteristiche della postazione di lavoro al pc, che comprende tutta una serie di elementi: dalla scrivania all’illuminazione. Rimandiamo alla lettura integrale dell’allegato. In questa sede, però, possiamo introdurre alcuni elementi importanti.

  • Schermo. La questione monitor e sicurezza è presa in considerazione dalla normativa, la quale ordina – tra le altre cose – che gli schermi siano esenti da sfarfallamento, siano orientabili e abbiano una buona risoluzione.
  • Tastiera e mouse. Questi elementi devono essere posti sullo stesso livello e devono essere opachi, per evitare i riflessi.
  • Piano di lavoro. Non deve essere riflettente e la sua altezza deve essere posta tra i 70 e gli 80 cm.
  • Sedile di lavoro. L’altezza deve essere regolabile. La sedia del videoterminalista inoltre deve fornire un adeguato supporto alla schiena.
  • Illuminazione. Le fonti di luce non devono provenire né dalle spalle (causerebbero il riflesso sullo schermo) né dal davanti (causerebbero l’abbagliamento). Dovrebbero essere poste in parallelo alla postazione.

Altre caratteristiche definite dal legislatore come “ideali” riguardano l’inquinamento acustico, che deve essere tale da non compromettere la comunicazione verbale; i parametri microclimatici (temperatura e umidità), l’interfaccia elaboratore/uomo (ovvero i software, che devono essere coerenti con l’attività da svolgere).

I fattori di rischio per quanto concerne l’attività di lavoro nella postazione videoterminale coincidono con quelle suggerite dal senso comune. Ovvero:

  • Caratteristiche della postazione non conforme con quanto stabilito dal legislatore.
  • Presenza di disturbi visivi, specie se non curati.
  • Presenza di disturbi articolari, associata a patologie o a semplice età avanzata.

Il compito del medico del lavoro

Il contributo del medico del lavoro non è sempre obbligatorio. E’ lo stesso legislatore a definire i casi di obbligatorietà. Tra questi, spicca proprio la presenza di mansioni che implicano l’uso di un terminale per almeno 20 ore settimanale (al netto delle pause).

Le sanzioni, per chi disattende questo obbligo sono molto salate.

Qual è il compito del medico del lavoro?

Nella fattispecie, valuta le condizioni dell’ambiente di lavoro secondo i profili di rischio e gli elementi forniti dal legislatore stesso (in questo caso, dal Titolo VII e relativo allegato).

In base ad esse e, soprattutto, alle caratteristiche dei singoli lavoratori, redige un protocollo di sorveglianza sanitaria. Esso definisce la tipologia di visita medica a cui sottoporre ciascun dipendente e la cadenza della stessa, differenziando da individuo a individuo. Ovviamente, esegue in prima persona tali visite.

Di base e nella fattispecie dei lavoratori videoterminali, la normativa suggerisce una cadenza variabile tra due e cinque anni. Tuttavia, il medico del lavoro ha ampio margine di discrezione in merito, e può predisporre cadenze diverse.

Il punto di partenza è il giudizio di idoneità del lavoratore per quella specifica mansione. Idoneità che può essere completa, parziale, temporanea. Ovviamente, esegue visite per l’idoneità anche in altre condizioni, ovvero a seguito di incidenti, periodi di malattia etc.

Scegliere un buon medico del lavoro è fondamentale per rispettare la normativa, tutelare la salute dei lavoratori ed evitare salatissime sanzioni.

Uno dei criteri di ricerca da considerare è l’esperienza.

Il dott. Augusto Bastianello svolge l’attività di medico del lavoro da circa trent’anni. Opera nelle province di Milano e Pordenone e presta servizio per imprese, aziende e società di piccole e grandi dimensioni. Tra gli altri, ha lavorato per RCS Media Group e Pelikan.

Non fornisce consulenze. Il suo impegno è circoscritto alla professione del medico del lavoro.

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Valutazione stress lavoro correlato

Valutazione stress lavoro correlato: panoramica e aggiornamento su uno dei temi più attuali del settore sanitario.

È possibile per il ​ medico del lavoro ​ valutare lo stress che si subisce sul luogo di lavoro?
Quali rischi per la sicurezza comporta un ambiente lavorativo ad alto livello di stress?
Quali sono le regole e gli step che il ​ medico del lavoro ​ deve seguire?

A questa e altre domande ha cercato di trovare risposta la Commissione Consultiva Permanente per la Salute e Sicurezza, che in data 17/10/2010 ha tracciato il percorso metodologico di riferimento per il ​ medico del lavoro.

La Commissione, nello specifico, ha deciso per la creazione di un gruppo di valutazione all’interno del luogo di lavoro in cui confluiscano, oltre al ​ medico del lavoro​ , tutte quelle figure direttamente collegate al mantenimento della sicurezza ed alla prevenzione dei rischi.

Si è stabilito che tale gruppo sia costituito come segue: un responsabile di Prevenzione e Protezione, un ​ medico del lavoro ​ certificato e autorizzato, un rappresentante dei lavoratori ed eventuali professionisti esterni. Responsabile e coordinatore del gruppo sarà il datore di lavoro.

Il ​ medico del lavoro ​ e le altre figure professionali hanno l’obbligo di interagire e lavorare fianco a fianco, mettendo a disposizione le proprie competenze ed esperienza con l’obiettivo di avvicinarsi al tema dello stress sul luogo di lavoro, eviscerando l’argomento in ogni suo sfumatura.

Una volta stabiliti gli altri membri del gruppo, il ​ medico del lavoro ​ procede con questi alla valutazione vera e propria, che deve proseguire in modo minuzioso e sistematico a toccare ogni aspetto dell’attività lavorativa, coordinando le impressioni e le considerazioni di ogni figura coinvolta. Spetta al ​ medico del lavoro ​ il ruolo di “timoniere”: è quindi il ​ medico del lavoro ​ a dover mantenere un saldo collegamento con la realtà dei fatti e le caratteristiche specifiche del settore analizzato, pur senza dimenticare il contesto organizzativo e sociale di riferimento.

Il ​ medico del lavoro ​ dovrà quindi farsi carico del ruolo di facilitatore e dialogatore tra le varie parti.

Inserito in un gruppo il più possibile eterogeneo per esperienze e competenze, il ​ medico del lavoro ​ ha inoltre la possibilità di portare avanti un’analisi di eventi e/o situazioni rivelatori all’interno del meccanismo aziendale, operando sempre con un visione sistemica.

Tuttavia, un ​ medico del lavoro ​ si trova in queste condizioni solo alla presenza di una dirigenza aziendale predisposta al dialogo interno e attenta alle esigenza dello stesso medico. Il lavoro ​ del gruppo (o talvolta dello sfortunato “singolo” incaricato di sobbarcarsi l’intero impegno) può infatti venir vanificato da scarsa attenzione alle indicazioni dello stesso medico del lavoro ​ o da una mancato impegno collettivo dei vari partecipanti: in questi casi, il ​ medico del lavoro ​ si può trovare a dover gestire un documento di Valutazione del Rischio da Stress Lavoro Correlato superficiale, generico ed in generale privo del minimo approfondimento ​ medico. Un lavoro ​ di tale livello, com’è facile immaginare, verrà facilmente rilevato dagli organi di controllo predisposti alla supervisione.

 

Fonte: Stress lavoro correlato e gli attori della Sicurezza.
L’importanza del Gruppo di Lavoro nel Processo di Valutazione del Rischio da Stress Lavoro correlato

di Massimo dott. Servadio

http://www.anma.it/wp-content/uploads/2014/04/interno-mcj-4_2014.pdf

Visite mediche aziendali: in cosa consistono, ogni quanto si fanno

Le visite mediche aziendali sono una risorsa, una precauzione per garantire la salute psico-fisica dei propri dipendenti.

Più spesso, le visite aziendali sono un obbligo previsto dal legislatore ed inserito all’interno della sorveglianza sanitaria. Ne parliamo qui, fornendo informazioni esaustive sulla natura delle visite, sulle tempistiche e sulla questione dell’obbligatorietà.

Cosa sono le visite mediche aziendali e quando sono obbligatorie

L’espressione visite mediche aziendali, per quanto sia diffusa e ormai di dominio comune, è in realtà gergale. Essa fa riferimento alle visite mediche ai dipendenti dell’azienda. Il medico competente del lavoro, è il professionista che collabora con il datore di lavoro al fine di tutelare la salute psicofisica dei lavoratori come previsto in medicina del lavoro.

Pur essendo sempre consigliata, solo in alcuni casi la presenza del medico del lavoro è obbligatoria. Nello specifico, quando le attività comprendono la movimentazione manuale di carichi, l’uso massiccio degli arti superiori, l’uso di un videoterminale per oltre 20 giorni a settimana, l’esposizione ad agenti pericolosi (polveri, elementi chimici/biologici/cancerogeni etc.).

Sono sottoposte all’obbligo di nomina del medico del lavoro anche le società che richiedono attività notturne, in quota e una postura fissa e/o incongrua.

La normativa di riferimento è l’articolo 41 del Decreto Legislativo n.81 del 2008.

Il compito del medico del lavoro è duplice. Da un lato redige il protocollo di sorveglianza sanitaria, che consiste principalmente nella decisione circa le tipologie di visite mediche da somministrare e la loro cadenza. Dall’altro lato, esegue le visite mediche.

Ma in cosa consistono le visite mediche? Per rispondere a questa domanda, è propedeutico distinguere tra le tipologie di visite mediche che il medico del lavoro esegue.

  • Visite mediche di idoneità. Lo scopo di queste visite è verificare il possesso dei requisiti psico-fisici del lavoratore rispetto alle mansioni che deve svolgere. Tale visita viene somministrata in occasione dell’assunzione ma anche a ogni cambio sensibile e significativo di mansione. Viene somministrata anche a seguito di un periodo di malattia più o meno lungo (di norma superiore ai 60 giorni).
  • Visite mediche periodiche. Sono le visite che, a prescindere dalle condizioni dei lavoratori e dai cambiamenti di mansione, il medico somministra nell’ambito della normale sorveglianza sanitaria.
  • Visite mediche a discrezione. Il medico del lavoro può decidere in autonomia di somministrare visite mediche quando ne intravede la necessità o su richiesta del lavoratore.

Che cosa prevede la visita aziendale del medico del lavoro

Non esiste un protocollo unico circa le visite del medico del lavoro, o visite mediche aziendali che dir si voglia. In realtà, esse dipendono dalle mansioni che i lavoratori svolgono e, in generale, dalle attività richieste in azienda.

Per esempio, la visita medica per un addetto alla vigilanza è sempre diversa dalla visita medica per un addetto alla logistica. Nel primo caso, infatti, la mansione richiede soprattutto buone prestazioni uditive-visive. Nel secondo caso, la mansione richiede anche l’assenza di patologie a carico delle articolazioni.

Le analisi più frequenti, però, sono:

  • Esami radiologici,
  • Elettrocardiogramma,
  • Esame audiometrico,
  • Esame oculistico,
  • Analisi del sangue e delle urine.

Ogni quanto tempo il medico del lavoro esegue le visite

La normativa a tal proposito è chiara. Tuttavia, non è stringente, e infatti lascia un sufficiente margine di discrezione al medico del lavoro.

Di base, le visite di idoneità, essendo una tantum, vanno somministrate ogni volte che ve n’è necessità (nuova assunzione, cambio mansione, ritorno da un periodo di malattia).

Le visite periodiche, invece, se si escludono alcune eccezioni, vanno somministrate una volta all’anno. Il medico del lavoro può però derogare a questa regola, se ritiene necessario – per esempio – una cadenza più ravvicinata, che preveda visite mediche ogni sei mesi, ogni nove mesi etc.

L’impegno del dott. Bastianello

Il dott. Augusto Bastianello è un medico del lavoro da trent’anni. Esercita nella Provincia di Milano e nella Provincia di Pordenone, occupandosi di imprese, aziende, società. Vanta una lunga esperienza sia come medico del lavoro di piccole imprese, sia come medico del lavoro di grandi realtà come RCS Media Group e Pelikan.

La sua missione è tutelare i lavoratori da un lato, permettere ai datori di lavoro di agire nel rispetto della normativa (ed evitare così sanzioni molto gravose) dall’altro.

Il dott. Augusto Bastianello non si occupa di consulenze a privati.

La sua attività comprendono solo ed esclusivamente il servizio alle imprese, alle aziende e alle società che hanno necessità di nominare un medico del lavoro

 

Rumore in ambiente di lavoro e Trauma Acustico

Traumi acustici sul luogo di ​ lavoro: il medico ​ specializzato e la prevenzione di danni all’udito dovuti all’esposizione a rumori molto forti.

Sordità professionale, o come viene descritta dai ​ medici del lavoro​, ipoacusia. I disturbi dell’udito hanno origini antiche: con l’invenzione del cannone, cominciarono a manifestarsi i primi casi.

In breve ci si accorse che l’esposizione prolungata a suoni intensi poteva causare danni a lungo termine. I problemi non fecero che aggravarsi con la rivoluzione industriale, anche alla luce del fatto che per decenni gli operai non furono tutelati dalla figura del ​medico del lavoro​.

Trauma Acustico: gli studi scentifici

I primi studi approfonditi sui traumi acustici in ambito lavorativo, ancora oggi oggetto di studio dai ​ medici del lavoro​, risalgono agli anni Settanta.

Iin particolare, lo studio di Baughn analizzò oltre seimila audiogrammi, tracciando le basi di quella che sarebbe diventata la valutazione del rischio professionale. Lo studio di Johnson e Harris, di pochi anni successivo, ha dimostrato come il 36% della popolazione lavorativa esposta a un rumore di 95 decibel presentasse una perdita uditiva di oltre 25 decibel alle frequenze critiche per la voce parlata (500, 1000, 2000 Hz) dopo almeno due decenni di esposizione.

Trauma Acustico: il compito del medico del lavoro

Il compito del ​ medico del lavoro ​ prevede anzitutto la valutazione del rischio nei luoghi di lavoro. Il medico ​ deve quindi valutare le condizioni dell’ambiente rilevando le eventuali fonti di rumore e fornendo sistemi di prevenzione sicuri e concreti.

Nel particolare, il ​ medico del lavoro ​ definisce come “rischio” la possibilità di raggiungimento del livello potenziale di danno derivato da elementi nell’ambiente lavorativo.

La valutazione di rischio acustico da parte del ​ medico del lavoro ​ deve necessariamente tenere presente strumenti quali l’audiometria tonale, ossia la misurazione della capacità uditiva mediante toni puri.

L’esame audiometrico eseguito dal ​ medico del lavoro ​ ha come obiettivo la rilevazione della soglia uditiva del paziente: il ​ medico del lavoro ​ riesce così a capire quale sia l’intensità sonora minima che, ad una determinata frequenza di suono, possa suscitare in una sensazione uditiva. Una volta stabilita la soglia di stimolo, il ​ medico del lavoro ​ può procedere ad una valutazione precisa e scientifica dei fattori di rischio.

Traumi acustici: medicina del lavoro e legislazione

Da un punto di vista legislativo, il ​ medico del lavoro ​ deve inoltre saper distinguere tra i concetti di “rischio” e “pericolo”: nel primo caso si parla infatti di una possibilità che l’evento si verifichi, nel secondo caso si parla invece di certezza.

Il ​ medico del lavoro ​ deve inoltre tener conto delle linee guida ISPESL (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro) secondo cui il rumore in ambito lavorativo non è solo causa di trauma acustico, ma va inquadrato come un agente fisico che può causare un aumento concreto degli altri rischi presenti sul luogo di lavoro, ad esempio rendendo più difficile sentire gli eventuali segnali d’allarme.
Ovviamente, l’attività di prevenzione eseguito dal ​ medico del lavoro ​ protegge il soggetto anche dagli effetti nella vita quotidiana.

Compito del ​ medico del lavoro ​ è quindi prevenire i traumi acustici e le cause di ipoacusia, rilevando i rischi all’interno dell’ambiente lavorativo, facendo uso degli strumenti e dei criteri di valutazione ben definiti.

 

Fonte: Ipoacusia professionale: il contributo dello specialista otorinolaringoiatra.
Spunti teorici e operativi

di Vittorio dott. Emiliani

http://www.anma.it/wp-content/uploads/2013/02/Interno-4-2013.pdf

Poggiapiedi per videoterminalisti: quando il medico del lavoro può o deve consigliarlo

In quali casi il medico del lavoro può consigliare l’uso di un poggiapiedi per i lavoratori addetti al videoterminale? Più ancora, in che misura il medico del lavoro deve ascoltare le richieste del lavoratore interessato?

medico del lavoro e poggiapiediLa normativa vigente, a cui anche il medico del lavoro deve fare riferimento, prevede che il poggiapiedi sia messo a disposizione di chiunque lo richieda, allo scopo di permettere agli arti inferiori del lavoratore di mantenere la postura ottimale. Senonché, come sappiamo, buona parte del lavoro del medico competente consiste nel tenersi aggiornato su  cambiamenti ed evoluzioni delle direttive: nel caso specifico, la direttiva ha assunto la formula “Qualora fosse necessario”. Stabilire se sia necessario o meno è ovviamente compito del medico del lavoro.

Volendo cercare indicazioni circa la “prescrizione” del poggiapiedi nella letteratura scientifica, il medico del lavoro può trovare delle interessanti linee guida nel lavoro di Bandini Buti: secondo quest’ultimo, il poggiapiedi si rivela utile in particolare alla luce dell’impossibilità (almeno nella maggior parte dei casi), di regolare l’altezza del piano di lavoro. Il medico del lavoro dovrebbe quindi valutare l’utilizzo del poggiapiedi per video-terminalisti di statura ridotta, per i quali una postazione non conforme alle proprie caratteristiche fisiche potrebbe essere fonte di problemi di circolazione.

Garantendo la corretta postura ed mantenimento degli arti inferiori in posizione sollevata anche sul posto di lavoro, il medico competente favorisce una buona circolazione ed in particolare il “ritorno venoso”.

Esistono tuttavia casi in cui il poggiapiedi può dimostrarsi controproducente: ad esempio, nel caso in cui il lavoratore che occupa la postazione sia di elevata statura. Il medico del lavoro deve quindi prestare attenzione anche alle caratteristiche tecniche del poggiapiedi, che deve essere mobile e garantire una salda presa del piede (superficie anti-sdrucciolo): solo valutando con attenzione le caratteristiche fisiche del lavoratore e le peculiarità della postazione di lavoro il medico competente può consigliare l’utilizzo del poggiapiedi.

Altro punto interessante per il medico del lavoro è il limite delle 20 ore settimanali: per qualche tempo si è valutata la possibilità di una connessione tra la quantità di ore settimanali e la necessità del poggiapiedi. Ai fini della salubrità del posto del lavoro, i medici competenti non hanno rilevato tuttavia alcuna dipendenza tra i due casi.

Spetta invece al medico competente del lavoro il rilevamento di eventuali patologie venose agli arti inferiori, di uno stato di gravidanza e di tutte quelle situazioni che possono compromettere la postura.

In conclusione, il poggiapiedi nella postazioni a videoterminalista non deve essere un accessorio fisso ma mobile; la normativa vigente, pur con tutte le falle e le ambiguità da cui è affetta, precisa che sia appunto il medico del lavoro a verificare la necessità dell’accessorio, soprattutto in seguito all’accertamento di uno stato patologico.

Così come in altri casi, il medico del lavoro si configura nel ruolo di consulente, affiancando datori di lavoro e responsabili del personale allo scopo di garantire un ambiente di lavoro sicuro, confortevole e pro-attivo.

Per gli interessati all’argomento medicina del lavoro e videoterminali consiglio anche la lettura dei seguenti articoli:

Per altre informazioni potete contattarmi attraverso i riferimenti che trovate in home page.

Incidente stradale: infortunio nel tragitto casa lavoro

Incidente stradale sul lavoro: scioccante, il decreto legislativo 81/08 non riconosce come luogo di lavoro i mezzi di trasporto ai fini dell’applicazione delle disposizioni di sicurezza

Se è chiaro a tutti cosa sia un incidente stradale, non è ancora ben definito che cosa sia una incidente stradale sul lavoro. L’Europa ha definito nella Convenzione di Vienna del 1968 che incidente stradale è detto l’accadimento che si verifica tra veicoli (o animali) e che procura danni a persone. Questo può avvenire in qualsiasi strada o suolo pubblico aperto alla circolazione.

Se invece volessimo definire un incidente stradale sul lavoro troveremmo che ogni paese d’Europa si arrangia un po’ per conto suo. Ad esempio in Spagna sono considerati incidenti stradali sul lavoro anche tutti i sinistri avvenuti nel tragitto casa-lavoro. In Gran Bretagna invece il tragitto per recarsi sul posto di lavoro non rientra in questa categorizzazione. In Finlandia, addirittura, l’incidente viene considerato sul lavoro se accade lungo il tragitto più breve dalla propria abitazione al luogo di lavoro.

Incidente stradale in initinere

Gli incidenti stradali sul lavoro e, in particolare, i cosiddetti incidenti “in itinere”, ovvero durante il tragitto casa-lavoro, rappresentano una percentuale importante dei sinistri registrati sulle strade italiane. Durante la giornata le statistiche ci dicono che esistono 3 fasce orarie nelle quali si concentrano la maggior parte degli incidenti e queste fasce corrispondono esattamente agli orari di inizio e fine servizio dei lavoratori. Tra le ore 8 e le ore 9 del mattino si verifica la prima concentrazione di incidenti stradali. La seconda fascia oraria a rischio è quella tra le 12  e le 13, che corrisponde grossomodo all’orario di pranzo dei lavoratori. Infine, la terza fascia, che è anche quella in cui si registra il picco massimo di incidenti, è quella attorno alle 18.

Italia, 590 incidenti al giorno

Ma per capire pienamente la portata del problema è forse necessario considerare alcuni dati. Soltanto pochi anni fa, nel 2009, l’Istat ha rilevato una media giornaliera in Italia di 590 incidenti al giorno. E ogni giorno la media è di 12 morti e 842 feriti. Un bilancio evidentemente spaventoso che, oltre a falciare la vita di moltissime persone, corrisponde anche ad una perdita del PIL del 25%. Di buono c’è da dire che la tendenza è comunque stata positiva negli ultimi quindici anni. Dal 2001 al 2009 il tasso di mortalità sulle nostre strade è diminuito del 40% e quello dei feriti del 17%. Sono cifre senz’altro buone e incoraggianti ma va anche considerato che tutta l’Europa si sta muovendo in questa direzione e ci sono paesi, come la Spagna ad esempio, che sono arrivati ad avere strade molto più sicure delle nostre.

Tra le bizzarrie italiane possiamo annoverare sicuramente la seguente: il decreto legislativo 81/08 non riconosce come luogo di lavoro i mezzi di trasporto ai fini dell’applicazione delle disposizioni di sicurezza. Questa anomalia ha portato negli anni a trascurare l’importanza della medicina del lavoro anche sui mezzi di trasporto e nel lungo periodo gli effetti si fanno sentire. Negli anni 50, infatti, ogni 100 incidenti mortali sul lavoro se ne avevano 150 sulla strada. Nel 2009 ogni 100 incidenti mortali sul lavoro se ne hanno 450 sulla strada. Questo dato è sicuramente dovuto anche alla trasformazione dei veicoli utilizzati ma il rapporto, mutatis mutandis, sembra oggi davvero squilibrato e ci suggerisce che la sicurezza sul posto di lavoro è nel lungo periodo risultata molto più efficace della sicurezza sulle strade.

(Fonte Medico Competente Journal)

 

Idoneità alla guida: rischi, conseguenze e costi degli incidenti stradali

Come si pone il medico del lavoro nei confronti dei rischi legati alla guida? In questo breve estratto cerchiamo di precisare i limiti esatti del lavoro del medico competente da un punto di vista normativo e statistico.

Cosa si intende per “incidente stradale”? Per il medico del lavoro come per gli altri, l’incidente stradale è “il fatto verificatosi nelle vie o piazze aperte alla circolazione nel quale risultano coinvolti veicoli (o animali) fermi o in movimento e dal quale siano derivate lesioni a persone”: si tratta della definizione esatta riportata dalla Convenzione di Vienna (1968), da cui sono poi derivate le varie normative nazionali successivamente adottate dai vari paesi.

In Italia, il medico del lavoro può distinguere tra due macro-categorie di incidenti: quello che si verifica in servizio, nel corso delle attività lavorative, e “l’incidente stradale in itinere“, ossia lungo il tragitto dall’abitazione al luogo di lavoro.

Nonostante i notevoli passi avanti compiuti in anni recenti in termini di sicurezza, i margini di miglioramento sono ancora ampi. Secondo dati del 2009, ogni giorno in Italia si verificano in media 600 incidenti stradali. La strada costituisce quindi un ambiente di lavoro dove il medico competente deve necessariamente intervenire con una valutazione dei rischi specifici e con un programma di formazione e prevenzione.

Parlando di prevenzione, il primo aspetto del lavoro del medico competente impegnato “su strada” deve essere la valutazione dell’idoneità alla guida del personale impiegato. Alla base dell’attività del medico del lavoro c’è quindi la verifica delle capacità di performance del conducente. In questi casi, il medico del lavoro non può limitarsi alla semplice tutela dell’integrità psico-fisica del lavoratore: quest’ultimo deve infatti essere in grado di rispettare gli standard di sicurezza anche in caso di mansioni complesse. In altre parole, il medico del lavoro è responsabile anche per le persone che il lavoratore addetto alla guida può mettere a rischio con comportamenti non sicuri.

Uno dei parametri che il medico del lavoro deve tenere necessariamente in considerazione è la capacità del conducente di reagire alle situazioni di pericolo, ovvero i suoi riflessi. In questo senso, il medico del lavoro può fare riferimento alla durata media proposta dalla Direzione Generale per la Motorizzazione, che si pone tra 0,9 e 1,4. Volendo fornire una regola sommaria a cui fare riferimento, potremo dire che il medico del lavoro può iniziare a definire come fonte di rischio ogni elemento che incida su questo intervallo: tutto ciò che altera la concentrazione del conducente contribuisce quindi ad aumentare la possibilità del verificarsi di una situazione di pericolo.

(A tal proposito fare riferimento a medicina del lavoro e i rischi dell’alcol)

Rispetto ad altri luoghi di lavoro, il medico competente deve sempre tenere presente che sulla strada la stragrande maggioranza gli incidenti sono dovuti al mancato rispetto delle regole.

Buona parte dell’attività del medico del lavoro impegnato su strada è quindi mantenere viva nei lavoratori la cultura per la sicurezza: ponendo attenzione al proprio stato psicofisico e promuovendo il pieno rispetto dei regolamenti stradali, il medico del lavoro può ridurre notevolmente il rischio di incidenti.

 

FONTE: http://www.anma.it/wp-content/uploads/2012/12/MCJ_4_2011.pdf  (Umberto Candura,)

 

Pronto soccorso aziendale: Il ruolo del medico del lavoro nella formazione

Il ruolo del medico del lavoro nella formazione al pronto soccorso aziendale

Qual è il ruolo del medico del lavoro nella formazione al pronto soccorso aziendale?

Qual è il grado di efficacia di quest’ultima?

Quali competenze apprendono coloro che frequentano i corsi di formazione gestiti dal medico del lavoro?
In questo articolo vengono analizzate le peculiarità della formazione al pronto soccorso aziendale in Italia, in particolare vista con gli occhi di un medico del lavoro esperto.
Come sanno bene i medici del lavoro, anche una preparazione minima può infatti costituire la differenza tra una reazione all’emergenza caotica e confusa ed una reazione composta e ordinata.

Nella fase di formazione al primo soccorso, il medico del lavoro deve attenersi con scrupolo al programma previsto nel DM 388/03.

Tale programma, tuttavia, viene raramente preso in considerazionenella sua interezza.
Il DM 388/03 prevede che il medico del lavoro incaricato della formazione si concentri praticamente in modo esclusivo sulla parte di rianimazione cardiopolmonare.
Una parte di formazione che il medico del lavoro dovrebbe sempre trattare è quella di defibrillazione e sull’uso dei DAE (Defibrillatore Autonomo Esterno): tale pratica è rimasta fino a poco fa una competenza esclusiva di pochi eletti, e solo oggi alcuni medici del lavoro trattano seriamente questo argomento, “aprendolo” anche ai non addetti ai lavori.

Un altro argomento fondamentale che troppo spesso viene trascurato dal medico del lavoro è la formazione al primo soccorso per interventi di disostruzione delle vie respiratorie.

Nonostante se ne parli poco, il rischio di disostruzione è una delle emergenze con cui il medico del lavoro si trova a confrontarsi più spesso, in particolare quel medico del lavoro che lavora in certi settori (es. scuole).

Il primo soccorso mirato alla disostruzione, in particolare all’apprendimento delle manovre di Heimlich, è inserito nel corso tradizionale di 12 ore e solo raramente viene trattato con dovizia di particolari dal medico del lavoro.

Tuttavia, i dati indicano che, in un campione medio di 4800 frequentanti del corso, ben il 2,5% ha dovuto eseguire una manovra di disostruzione, mentre solo due tra loro si sono trovati di fronte ad un arresto cardiaco.

Ne deriva che, per il medico del lavoro, la formazione alla disostruzione delle vie respiratorie costituisce una scelta da considerare.

Anche qualora il medico del lavoro abbia deciso di soffermarsi sulle tecniche di disostruzione, i margini di miglioramento sono ampi. Ad esempio, la manovra in questione è stata provata solo ed esclusivamente su persone in condizioni fisiche “normali”: non sono state analizzate le manovre di disostruzione su donne gravide, su soggetti obesi, su soggetti disabili (es. busto, sedia a rotelle).

In questi casi, il medico del lavoro ha mancato di considerare le caratteristiche dell’utenza, mantenendo un approccio generalista.

In conclusione: il ruolo del medico del lavoro nella formazione al primo soccorso aziendale può e devetenere conto delle necessità specifiche dell’ambiente di riferimento, migliorando e ottimizzando l’intento formativo.

Affinché ciò avvenga sono necessari corsi di aggiornamento teorici e pratici più frequenti per i fruitori finali, come anche corsi di formazione per i medici del lavoro stessi, mirati al miglioramento delle
tecniche di comunicazione.

FONTE: Paolo Losa (http://www.anma.it/wp-content/uploads/2015/06/interno-mcj-1_2015-2.pdf)

Corsi di sicurezza sul lavoro e Medicina del lavoro

Corsi di sicurezza sul lavoro: come il medico competente può utilizzare al meglio la formazione dei lavoratori

I corsi di sicurezza sul lavoro

corsi di sicurezza sul lavoro

corsi di sicurezza sul lavoro

sono uno degli strumenti più efficaci del medico competente.

La formazione dei lavoratori permette infatti di fornire nozioni teoriche e pratiche sui comportamenti da adottare sul luogo di lavoro, al fine da prevenire il verificarsi di incidenti.

Secondo la normativa vigente, il medico competente deve collaborare “con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione all’attività di formazione e informazione”.

Affinché i corsi di sicurezza sul lavoro si rivelino realmente utili, è tuttavia necessario mettere in chiaro i compiti e le responsabilità del medico competente coinvolto.

Se è vero che il Decreto Legislativo 388/03 fornisce delle indicazioni circa la formazione dei lavoratori, è altrettanto vero che, così come altri aspetti della normativa, accusa una certa arretratezza.

 

Corsi di sicurezza sul lavoro: la rianimazione cardiopolmonare

Tra i vari argomenti che potrebbero essere trattati da un corso di sicurezza sul lavoro,  il DM 388/03 pone la maggiore attenzione sulla rianimazione cardiopolmonare (BLS). Spesso, nei contesti aziendali più “generici”, il medico competente concentra la maggior parte delle ore dedicate ai corsi di sicurezza sul lavoro a tecniche di rianimazione come massaggio cardiaco e respirazione artificiale.

Pur trattandosi sicuramente di conoscenze utili, il medico competente dovrebbe valutare la possibilità di estendere la formazione alla sicurezza ad altri argomenti.

Ad esempio, sono sempre di più i medici che scelgono di inserire nei corsi di sicurezza sul lavoro la formazione all’uso del defibrillatore, particolare del Defibrillatore Autonomo Esterno (DAE). Si tratta infatti di una pratica che fino a pochi anni fa era padroneggiata solo da pochi eletti, mentre oggi il DAE è un’attrezzatura obbligatoria in sempre più contesti, sia aziendali che non.

 

Corsi di sicurezza sul lavoro: disostruzione delle vie respiratorie

Tra gli argomenti “minori” che il medico competente può decidere di includere nei corsi di sicurezza sul lavoro c’è la formazione al primo soccorso per interventi di disostruzione delle vie respiratorie. Sebbene non venga quasi mai trattato, il rischio derivante dall’ostruzione delle vie respiratorie è molto frequente, anche più del rischio derivante da arresto cardiaco, in particolare in settori come scuole a ambienti utilizzati dai più piccoli.

Secondo uno studio fatto sui partecipanti ai corsi di sicurezza sul lavoro, le emergenze relative all’ostruzione delle vie respiratorie sarebbero molto più numerose di quelle che richiedono rianimazione cardiopolmonare: su circa 5000 allievi ben il 2,5% ha dovuto eseguire una manovra di disostruzione, mentre solo due tra loro si sono trovati di fronte ad un arresto cardiaco.

In questo senso si rivela quindi utile in particolare la tecnica nota come manovra di Heimlich, che prevede la pressione di determinate zone dell’addome allo scopo di espellere corpi estranei dalle vie respiratorie.

Corsi di sicurezza sul lavoro: conclusioni

Il medico competente impegnato nell’organizzazione di corsi di sicurezza del lavoro deve, oltre a fare riferimento alla normativa vigente, tenere presente le peculiarità dei lavoratori e del contesto aziendale in cui si trova ad operare, adattando la formazione alle necessità concrete dei partecipanti.

Corso di rianimazione cardio-polmonare a Milano e Pordenone

Il dott. Bastianello può insegnare su tutto il territorio nazionale le manovre di rianimazione cardio-polmonare associata all’uso del defibrillatore.

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