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Incidente stradale: infortunio nel tragitto casa lavoro

Incidente stradale sul lavoro: scioccante, il decreto legislativo 81/08 non riconosce come luogo di lavoro i mezzi di trasporto ai fini dell’applicazione delle disposizioni di sicurezza

Se è chiaro a tutti cosa sia un incidente stradale, non è ancora ben definito che cosa sia una incidente stradale sul lavoro. L’Europa ha definito nella Convenzione di Vienna del 1968 che incidente stradale è detto l’accadimento che si verifica tra veicoli (o animali) e che procura danni a persone. Questo può avvenire in qualsiasi strada o suolo pubblico aperto alla circolazione.

Se invece volessimo definire un incidente stradale sul lavoro troveremmo che ogni paese d’Europa si arrangia un po’ per conto suo. Ad esempio in Spagna sono considerati incidenti stradali sul lavoro anche tutti i sinistri avvenuti nel tragitto casa-lavoro. In Gran Bretagna invece il tragitto per recarsi sul posto di lavoro non rientra in questa categorizzazione. In Finlandia, addirittura, l’incidente viene considerato sul lavoro se accade lungo il tragitto più breve dalla propria abitazione al luogo di lavoro.

Incidente stradale in initinere

Gli incidenti stradali sul lavoro e, in particolare, i cosiddetti incidenti “in itinere”, ovvero durante il tragitto casa-lavoro, rappresentano una percentuale importante dei sinistri registrati sulle strade italiane. Durante la giornata le statistiche ci dicono che esistono 3 fasce orarie nelle quali si concentrano la maggior parte degli incidenti e queste fasce corrispondono esattamente agli orari di inizio e fine servizio dei lavoratori. Tra le ore 8 e le ore 9 del mattino si verifica la prima concentrazione di incidenti stradali. La seconda fascia oraria a rischio è quella tra le 12  e le 13, che corrisponde grossomodo all’orario di pranzo dei lavoratori. Infine, la terza fascia, che è anche quella in cui si registra il picco massimo di incidenti, è quella attorno alle 18.

Italia, 590 incidenti al giorno

Ma per capire pienamente la portata del problema è forse necessario considerare alcuni dati. Soltanto pochi anni fa, nel 2009, l’Istat ha rilevato una media giornaliera in Italia di 590 incidenti al giorno. E ogni giorno la media è di 12 morti e 842 feriti. Un bilancio evidentemente spaventoso che, oltre a falciare la vita di moltissime persone, corrisponde anche ad una perdita del PIL del 25%. Di buono c’è da dire che la tendenza è comunque stata positiva negli ultimi quindici anni. Dal 2001 al 2009 il tasso di mortalità sulle nostre strade è diminuito del 40% e quello dei feriti del 17%. Sono cifre senz’altro buone e incoraggianti ma va anche considerato che tutta l’Europa si sta muovendo in questa direzione e ci sono paesi, come la Spagna ad esempio, che sono arrivati ad avere strade molto più sicure delle nostre.

Tra le bizzarrie italiane possiamo annoverare sicuramente la seguente: il decreto legislativo 81/08 non riconosce come luogo di lavoro i mezzi di trasporto ai fini dell’applicazione delle disposizioni di sicurezza. Questa anomalia ha portato negli anni a trascurare l’importanza della medicina del lavoro anche sui mezzi di trasporto e nel lungo periodo gli effetti si fanno sentire. Negli anni 50, infatti, ogni 100 incidenti mortali sul lavoro se ne avevano 150 sulla strada. Nel 2009 ogni 100 incidenti mortali sul lavoro se ne hanno 450 sulla strada. Questo dato è sicuramente dovuto anche alla trasformazione dei veicoli utilizzati ma il rapporto, mutatis mutandis, sembra oggi davvero squilibrato e ci suggerisce che la sicurezza sul posto di lavoro è nel lungo periodo risultata molto più efficace della sicurezza sulle strade.

(Fonte Medico Competente Journal)

 

Medico del lavoro e medico competente, cosa fa questa figura?

Attraverso il DLGS 81/08, la legge prevede che le aziende che espongono i propri dipendenti e personale lavorativo a rischio sono tenute ad adottare la sorveglianza sanitaria.

Il DLGS 81/08 ha voluto affidare al medico competente una duplice funzione: da un lato una di natura preventiva e dall’altra una di natura collaborativa che consiste nella partecipazione attiva alla valutazione dei rischi in azienda, avendo il legislatore richiesto al datore di lavoro di indicare il nominativo del medico competente nel documento di valutazione dei rischi.

 

Titoli e requisiti del medico competente

Il medico comptetente è un medico specializzato in medicina del lavoro o in medicina preventiva de lavoratori ed è iscritto all’albo nazionale dei medici competenti.

I suoi ruoli sono i seguenti:

 

Valutazione e prevenzione dei rischi

Il medico competente collabora alla valutazione dei rischi ed alla predisposizione delle misure di prevenzione.

Visita gli ambienti di lavoro, partecipa alla predisposizione dei programmi di controllo e dell’esposizione. Partecipa alla riunione di prevenzione e protezione.

Documento di Valutazione dei Rischi

Medicina del lavoro e aziende: il documento di valutazione dei rischi

In medicina del lavoro, il documento di valutazione dei rischi

documento di valutazione dei rischi

documento di valutazione dei rischi

(o DVR) è uno dei punti di riferimento essenziali per valutare il grado di sicurezza di un’azienda. In questo articolo forniamo una breve guida per i professionisti della medicina del lavoro che devono aiutare l’imprenditore a redigere il DVR.

Il documento di valutazione dei rischi ha la funzione di fornire informazioni di base circa le condizioni di lavoro e diventa quindi il punto di partenza per ogni valutazione in ambito di medicina del lavoro. Al suo interno vengono individuati e registrati tutti i rischi per la salute presenti sul luogo di lavoro e le modalità adeguate per eliminarli o gestirli; il DVR fornisce inoltre a tutti i lavoratori i mezzi, gli strumenti e la preparazione adeguati e necessari per garantire gli standard di sicurezza e igiene durante l’attività lavorativa.

 

Chi deve redigere il documento di valutazione dei rischi?

La redazione del documento di valutazione dei rischi è obbligatoria per ogni azienda e dovrebbe essere curata dall’imprenditore. Per farlo, quest’ultimo può tuttavia servirsi della consulenza di un esperto di medicina del lavoro. Esistono tuttavia alcune regole da tenere sempre presenti.

La redazione del DVR può essere delegata ad un consulente di medicina del lavoro solo se nell’azienda sono impiegati meno di 10 dipendenti.

 

Nel caso che sia possibile rivolgersi al consulente di medicina del lavoro, questi deve comunque interfacciarsi e lavorare a stretto contatto con il datore del lavoro (o con un suo delegato), raccogliendo informazioni sull’organizzazione della sicurezza e sulle misure di contrazione del rischio e di prevenzione.

 

Contenuti essenziali del Documento di Valutazione dei Rischi

Tra i contenuti del documento non devono mancare le sezioni concernenti l’individuazione delle aree di lavoro, delle mansioni dei lavoratori, di macchine/impianti/lavorazioni oggetto della valutazione. L’esperto di medicina del lavoro dovrà inoltre riportare nel dettaglio tutti le strumentazioni utilizzate (specificando se si tratta di materiali a rischio), i modelli di riferimento ammessi e i metodi seguiti per l’assunzione delle scelte.

 

Altra sezione importante è quella in cui si riportano i risultati oggetto della previsione e l’elenco dei fattori di rischio per i quali la valutazione si risolva con l’assenza di rischio o comunque con la non necessità di prevedere ulteriori misure di prevenzione. La competenza in medicina del lavoro risulta qui essenziale a compiere una rilevazione oggettiva.

Lo stesso vale nella sezione successiva, in cui il consulente di medicina del lavoro deve elencare l’insieme delle misure di salvaguardia e di soccorso stabilito in conseguenza della valutazione e le eventuali attrezzature di protezione impiegate. Si passa poi ad illustrare il programma di esecuzione di aggiuntive misure previste per perfezionare nel tempo i livelli di protezione.

 

In conclusione

Una volta completato e rivisto con il datore del lavoro (o con il responsabile della sicurezza delegato), il consulente di medicina del lavoro deve esporre il documento di valutazione dei rischi all’interno dei locali dell’azienda, dove deve essere sempre consultabile dall’organo di vigilanza.

Medicina del lavoro e mobbing

Medicina del lavoro e mobbingmobbing e medicina del lavoro: definizione e punti di connessione

Medicina del lavoro e mobbing sono due ambiti che apparentemente hanno poco in comune e vanno quindi tenuti ben distinti.

Tuttavia, medicina del lavoro e mobbing vengono accomunati quando si parla di stress sul posto di lavoro: vale quindi la pena spendere due parole a riguardo.

La definizione di mobbing include una varietà di comportamenti che si verificano nell’ambiente lavorativo e che possono includere abusi, scorrettezze, vessazioni, umiliazioni, emarginazione nei confronti di uno o più lavoratori. Le dinamiche che possono portare al verificarsi di queste situazioni sono numerose.

Per chi si occupa di medicina del lavoro, il mobbing interessa in quanto fonte di stress lavorativo: si tratta di una condizione di disagio psico-fisico che si verifica normalmente a causa di fattori di rischio di carattere fisico (es. pioggia, rumori forti, condizioni climatiche), ma che può avere anche cause psicologiche, come nel caso del mobbing. La medicina del lavoro ha come compito la prevenzione di comportamenti che possono essere causa di stress lavorativo e quindi di incidenti: il mobbing diventa quindi uno dei fattori di rischio all’interno del posto di lavoro.

Per i professionisti di medicina del lavoro il mobbing può essere quindi una causa di stress lavorativo, ma non può accadere il contrario: il mobbing infatti è frutto di un atto volontario, al contrario i fattori di rischio lavorativo sono spesso causati anche da una mancata organizzazione e gestione dei rischi nell’ambiente di lavoro.

Volendo approfondire gli aspetti legislativi della medicina del lavoro, il mobbing ad oggi non viene considerato un reato penale fino a che non venga certificato come causa di danno fisico o psichico al lavoratore. Se la prevenzione dei rischi è il principale obiettivo della medicina del lavoro, il mobbing costituisce quindi un “terreno minato”: pur esistendo precise implicazioni in ambito sindacale non esistono leggi specifiche.

Esistono tuttavia normative regionale in ambito di mobbing a cui gli esperti di medicina del lavoro possono fare riferimento. Regioni come Veneto, Lazio, Abruzzo, Umbria e Friuli – Venezia Giulia hanno stilato una serie di norme volte a limitare tutti quei comportamenti classificabili dalla medicina del lavoro come mobbing.

Tuttavia, la mancanza di una normativa penale in ambito di mobbing e medicina del lavoro ha come conseguenza la pratica definita “sindrome della certificazione”, che vede i lavoratori insistere in comportamenti il cui scopo è ottenere una certificazione di ripercussioni della sfera psichico-fisica (secondo un percorso simile a quello dello stalking).

Il tema del mobbing, per la medicina del lavoro, è quindi molto delicato. Come in altri casi, anche qui il medico del lavoro è obbligato a destreggiarsi con un sistema legislativo ambiguo e arretrato. Si avverte una volta di più la necessità di un impianto giuridico risolutivo che elimini le zone d’ombra tra mobbing e medicina del lavoro, permettendo il medico competente di rilevare e prevenire anche rischi di carattere psicologico.

FONTE: http://www.medicocompetente.blogspot.it/2010/02/stress-lavorativo-e-mobbing-da-non.html

 

Medico del lavoro quando è obbligatorio

Il D.lgs 81/2008 all’articolo 41 definisce quando si rende necessario attivare la sorveglianza sanitaria e nominare un medico competente specialista in medicina del lavoro.

In particolare il D.lgs 81/2008, modificato dal D.lgs 106/09, impone al medico di indicare i rischi delle attività lavorative nella cartelle sanitarie e di rischio e il giudizio di idoneità alla mansione specifica per un dato lavoratore.

Attraverso questo Decreto, il legislatore ha volutamente individuare i casi in cui è fatto d’obbligo attuare la sorveglianza sanitaria e nominare un medico del lavoro.

  • movimentazione manuale di carichi
  • attività a videoterminale
  • esposizione ad agenti fisici
  • sostanze pericolose: chimiche, cancerogene, mutagene, sensibilizzanti
  • agenti biologici
  • attività in quota

e inoltre

  • attività a lavoro notturno
  • attività a esposizione di radiazioni ionizzanti
  • lavoro nei cassoni ad aria compressa
  • lavoro in ambiente confinato
  • lavori su impianti elettrici ad alta tensione

Il legislatore indica anche il medico del lavoro per la

  • verifica dei requisiti psico-fisici a cura del medico competente del personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico
  • esclusione dell’assunzione di sostanze stupefacenti nelle categorie previste dall’Intesa Stato Regione del  30 ottobre 2007
  • addetti settore sanità esposti a rischio infortunistico ferite da taglio e da punta

Ci possono essere poi casi in cui norme a carattere regionale danno opportune indicazioni in merito.

Per maggiori informazioni sui servizi di medicina del lavoro erogati dal dottor Bastianello vedi:

 

Medico del lavoro e disabilita’. Il ruolo del medico del lavoro nel collocamento del personale invalido: consigli e osservazioni

La collocazione di personale invalido è uno dei compiti più delicati che il medico competente del lavoro si trova ad affrontare. In questo articolo proviamo ad analizzare le criticità, le questioni etiche e le necessità di sicurezza sul lavoro che il medico competente deve risolvere.

 

medico del lavoro e disabilitàCome si comporta un’azienda nei confronti di un lavoratore invalido? Quali sono i protocolli stabiliti dalla legge? Soprattutto, quali sono i compiti del medico competente del lavoro e in che modo può costui facilitare la vita della persona invalida?

Sono questioni complesse, la cui risposta è direttamente collegata alle diverse caratteristiche di ogni ambiente lavorativo. Più ancora la risposta dipende dagli svariati  protocolli seguiti dai vari enti di volta in volta coinvolti: ASL, Ufficio del Lavoro, Aziende, fino al medico del lavoro stesso.

 

Anche qualora ogni ente segua da vicino le normative previste, le differenze intrinseche tra queste hanno come conseguenza un’ulteriore complicazione del lavoro del medico. È necessario quindi stabilire un modello operativo univoco mirato alla comunicazione ed alla gestione dei diversi casi, fornendo al medico competente strumenti efficaci e concreti.

 

Il primo compito del medico competente del lavoro è fornire il necessario supporto alla dirigenza dell’azienda durante la fase di assegnazione di compiti e mansioni, avendo cura nel frattempo di proteggere la salute e la privacy dei lavoratori coinvolti.

L’intervento del medico competente del lavoro nel caso di un paziente invalido si declina in due fasi: primo, deve verificare che l’attività lavorativa non comporti conseguenze negative per il lavoratore; secondo, deve rilevare eventuali difficoltà e limiti da parte del lavoratore nell’esecuzione dell’attività assegnatagli.

Solo successivamente il medico competente del lavoro può approvare l’assegnazione del lavoratore invalido. Si presenta qui la prima contraddizione: il medico competente del lavoro può eseguire la visita medica solo dopo che il lavoro è stato assegnato alla persona, senza che si conoscano quindi le condizioni di salute di quest’ultima.

Non è insolito, infatti, che il medico del lavoro si ritrovi nella condizione di dover operare “a cose fatte”: ovvero, dopo che il lavoratore affetto da invalidità sia già stato assegnato definitivamente ad una posizione lavorativa.

 

In questo senso, si sono per fortuna compiuti dei passi avanti. I medici del lavoro possono infatti contare sulle indicazioni (per quanto generiche e limitate) fornite dalle certificazioni di invalidità in merito alle attività che il lavoratore è in grado o meno di fare.

Allo stesso modo, la situazione risulta più facile per il medico competente qualora si faccia uso della convenzione tra l’azienda interessate e gli Uffici del Lavoro: lo scambio di informazioni è in questi casi più efficace e proficuo e permette un inserimento più oculato della risorsa all’interno dell’organico aziendale.

 

In conclusione, per il medico competente del lavoro si rende necessario un sistema integrato mirato allo scambio di informazioni che porti ogni soggetto coinvolto nelle varie fasi di collocazione lavorativa dell’invalido. Solo in questo modo il medico competente del lavoro può garantire che all’individuo siano affidati compiti che è in grado di svolgere e che tali compiti non comportino un rischio per la sua salute.

Per maggiori informazioni sui miei servizi di Medicina del Lavoro a Milano chiami il numero 3331313382. 

Opero come medico del lavoro anche a Pordenone. Visitate il sito medico del lavoro Pordenone per maggiori informazioni.

 

FONTE: http://www.anma.it/wp-content/uploads/2012/12/MCJ-2_2012.pdf (Gilberto Boschiroli)

Il medico del lavoro e l’attività in quota: indicazioni operative, rischi e certificati di idoneità

Medici del lavoro e la legislazione circa le attività in quota: anche in questo settore, la normativa a cui il medico del lavoro dovrebbe fare affidamento è ambigua e fumosa.

Pur avendo subito una drastica riduzione, gli infortuni dovuti all’attività lavorativa in quota restano ai primi posti nella graduatoria di tutti gli infortuni, in particolare nel settore delle Costruzioni. Com’è facile immaginare, in molti dei casi (molti di più rispetto ad altre tipologie di infortunio) gli incidenti sono mortali: circa un quinto del totale degli infortuni è un caso mortale ed un caso su sei riguarda i lavoratori stranieri del settore.

Secondo le statistiche, le vittime degli infortuni in quota sono per la stragrande maggioranza di sesso maschile, di età compresa tra 35 e 49 anni e occupati nel Nord d’Italia.

Quali sono le cause più frequenti degli infortuni ad alta quota? O meglio, quali sono i rischi con cui il medico del lavoro si deve misurare? Una della cause più frequenti è sicuramente la perdita di controllo del mezzo (parziale o totale) e/o dell’attrezzatura di movimentazione, seguita da vicino dalla caduta per scivolamento o inciampo; le cadute dall’alto sono causa del 9% degli infortuni.

 

Cosa si intende, per quanto concerne il medico, con “lavoro in quota”?

Nello specifico, il medico del lavoroMedico del Lavoro alta quota si trova a relazionarsi con lavoratori impegnati in interventi su pali, tralicci, scale, tetti, piattaforme mobili, impalcature. In queste condizioni, il percorso di vigilanza e di prevenzione portato avanti dal medico del lavoro si deve certamente focalizzare sull’utilizzo corretto delle attrezzature di sicurezza, dei D.P.I. specifici, dei dispositivi di trattenuta. Più ancora, il medico del lavoro ha il compito di formare i lavoratori.

 

Un’altra parte importante del medico del lavoro coinvolto nella prevenzioni di infortuni in quota è lo sviluppo, in collaborazione con altri esperti, di misure di prevenzione primaria e secondaria: dalla scelta dei dispositivi di protezione individuali progettati in base alle esigenze del lavoratore alla consulenza generale per migliorare le fasi di organizzazione del lavoro.

I problemi per il medico del lavoro affiorano quando si inizia a parlare di sorveglianza sanitaria: sebbene alcune patologie o disturbi diffusi nei lavoratori possano rendere  particolarmente pericoloso il lavoro in quota, non esiste una legislazione che permetta al medico del lavoro di esprimere un giudizio preventivo sulle condizioni dell’individuo, aprendo la strada a potenziali pericoli.

La proposta di ANMA, ente di riferimento per i medici del lavoro in Italia, e l’identificazione di un percorso clinico-anamnestico che permetta di esprimere un giudizio di idoneità già nel corso delle visite mediche previste dal Decreto Legislativo 81/08, facendo uso di strumenti di base quali anamnesi e la visita medica. Se tali strumenti dovessero risultare nella presenza di patologie, menomazioni o difficoltà di carattere fisico, il medico del lavoro deve poter procedere ad ulteriori analisi, garantendo così di ridurre al minimo il rischio di incidenti per l’individuo stesso e per i suoi colleghi.

 

FONTE: http://www.anma.it/wp-content/uploads/2014/04/interno-mcj-1_2014.pdf (D. Bontadi; T. Cassina; P. Patanè; M. Saettone; P. Torri; E. Valentino; MG. Astolf)

Rischi Lavoro Call Center: analisi di un caso di tenosinovite

Quali sono i rischi del lavoro nei call center? Uno studio eseguito da un medico del lavoro si concentra sul caso di una ragazza affetta da tenosinovite cronica.

La tenosinovite è una patologia che colpisce i tendini della mano. Per quanto riguarda la medicina del lavoromedicina del lavoro callcenter, la tenosinovite è uno dei rischi principali dei telefonisti, in particolari dei lavoratori di call center.

Il medico del lavoro deve cioè prevenire la patologia quando, nel corso della giornata, il lavoratore si trova a ripetere costantemente e ossessivamente lo stesso gesto, spesso costretto a rispettare ritmi di lavoro molto alti.

Il caso analizzato è quello di una giovane teleseller con tenosinovite cronica conclamata.

Lavoratrice full time presso uno dei maggiori call center del Nord Italia, viene visitata da un medico del lavoro per la prima volta all’età di 29 anni, nel 2009: la visita dà buon esito e non rileva nessun rischio e nessuna patologia.

Il secondo incontro con un medico del lavoro avviene l’anno seguente, su richiesta della lavoratrice. La causa è una sospetta artrite psoriasica, diagnosticata in seguito al presentarsi di tumefazioni agli arti superiori (soprattutto al braccio destro), episodi di rigidità e difficoltà di movimento dei polsi. In questa occasione il medico del lavoro ha provveduto inoltre a formare (nuovamente) la paziente circa la corretta postura da tenere durante il lavoro; il medico del lavoro ha inoltre verificato ciclicamente la presenza nelle postazioni di poggiapolsi per mouse e tastiera e mouse di dimensioni ridotte, così da ridurre la tensione dei tendini estensori della mano.

Nell’Aprile del 2011 il medico del lavoro verifica il persistere della tumefazione all’arto: gli esami confermano la presenza di una tenosinovite ai tendini estensori della mano destra e si decide di procedere all’operazione. Nei mesi seguenti tuttavia la paziente continua a lamentare dolori e mobilità ridotta al polso. Al medico del lavoro non resta che consigliare periodi di pausa dal lavoro. Il medico specializzato raccomanda inoltre la rinuncia all’uso del videoterminale, cambiando quindi l’attività lavorativa, e si dà inizio ad un ciclo di controlli trimestrali con risonanza magnetica ed ematochimici. La donna viene successivamente spostata da mansioni di teleseller al lavoro d’ufficio, con maggiori possibilità di gestire le proprie pause e ritmi più rilassati.

Nel corso dei due anni successivi, risulta chiaro al medico del lavoro e medico curante che la tenosinovite, nel caso specifico, è conseguenza diretta del lavoro di teleseller; in particolare alla difficoltà di mantenere una postura corretta ed all’impossibilità di impostare ritmi di lavoro autonomi.

Il medico del lavoro ha inoltre considerato gli aspetti “psicosociali” della questione, sempre più spesso accostabili a patologie muscolo-scheletriche.

In conclusione, lo spostamento della paziente a mansioni di office worker, assicurando così un alleggerimento dell’affaticamento dell’arto superiore e maggiore autonomia organizzativa, è stato un fattore decisivo nel mantenimento dell’attività lavorativa.

L’analisi di questo caso conferma che la necessità dell’individuo di lavorare in condizioni di salute, obbliga oggi il medico del lavoro ad un impegno crescente, ben oltre il livello di una sorveglianza sanitaria di routine, ma necessita di nuove conoscenze e competenze, sia tecniche che ergonomiche.

 

FONTE: http://www.anma.it/wp-content/uploads/2014/04/Interno_MCJ2-SD.pdf (Paolo Santucci)

Tutelare chi lavora a contatto con fumi esausti

Come il medico del lavoro può tutelare chi lavora a contatto con fumi esausti di motori diesel

Secondo uno studio della IARC (International Agency for Research on Cancer), i fumi esausti di motore a gasolio sono da considerarsi a tutti gli effetti come cangerogeni: questi risultati riguardano da vicino la figura del medico del lavoro, in particolare in tutti quei casi in cui il medico del lavoro si trova a relazionarsi con ambienti ad alta criticità.

Sono molti, infatti, i settori in cui i motori a gasolio sono utilizzati su base quotidiana per attività lavorative: da quello, più ovvio, dei trasporti a settori quali quello edile, minerario, stradale. Il medico del lavoro deve confrontarsi con gli effetti nocivi di quasi 45 milioni di veicoli alimentati a diesel presenti sul territorio italiano.

Un altro fattore di cui il medico del lavoro deve tenere conto è l’evoluzione tecnologica a cui tali motori diesel sono sottoposti costantemente: con lo sviluppo della tecnica cambiano anche le caratteristiche delle emissioni e gli effetti nocivi per la salute.

Per il medico del lavoro è quindi essenziale definire con precisione quali lavoratori sono a rischio, e come tale rischio vada definito e quantificato. Nell’approccio con l’ambiente di lavoro, il medico competente deve anzitutto procedere a determinare alcuni fattori di natura tecnica, tra cui lo stato di manutenzione dei motori diesel in uso, la frequenza di utilizzo degli stessi e le caratteristiche del carburante utilizzato.

Altri fattori che il medico del lavoro deve tenere a mente sono il punto di emissione (elevato o a livello del terreno? Interno o esterno? con o senza sistemi di abbattimento?), le dimensioni ed il grado di confinamento dell’ambiente di lavoro e, di conseguenza, l’efficienza del sistema di ricambio dell’aria.

L’importanza della questione e dell’attività del medico del lavoro ad essa collegata è, per fortuna,
ufficialmente riconosciuta, anche e soprattutto presso aziende ed enti di grandi dimensioni: in queste realtà i medici del lavoro hanno potuto iniziare e portare avanti percorsi mirati alla rilevazione delle criticità ed allo sviluppo di misure di sicurezza efficaci e integrate nell’attività lavorativa.

Ciononostante, il medico del lavoro deve misurarsi con alcune questioni che restano aperte: ci sono infatti problemi derivanti da una discrepanza fra le misurazioni effettuate in laboratorio ed sul campo;

altri problemi si devono, come già detto, al costante sviluppo della tecnologia ed alla necessità di aggiornamento costante degli standard di rischio.

Il medico del lavoro deve inoltre considerare i problemi derivati dall’esposizione del lavoratore a più ambienti di rischio come anche dalle differenze di età, sesso e condizione patologiche pre-esistenti tra le figure professionali interessate.
In conclusione, le variabili che il medico del lavoro deve considerare sono numerose. Il primo passo da fare è sicuramente informare: il medico del lavoro deve diffondere la conoscenza all’interno del proprio ambiente di lavoro, avvicinandosi al problema con sensibilità, mantenendo un aggiornamento costante e favorire l’apertura alle misure necessarie.

medicina del lavoro e occhiali progressivi per videoterminalisti

Aggiornamento per medici del lavoro su occhiali progressivi per videoterminalisti

Sempre più spesso, il medico del lavoro si trova a relazionarsi con i rischi e le criticità legati all’attività del video-terminalista, una categoria che attraversa trasversalmente sempre più settori. In quali casi il medico del lavoro può consigliare l’uso di occhiali progressivi ai video-terminalisti?

Quali sono i vantaggi e gli svantaggi?

I lavoratori addetti ai videoterminali, in particolare quelli di età superiore ai quarant’anni, decidono spesso di dotarsi di occhiali progressivi.

Per quanto concerne il medico del lavoro, è bene notare che, essendo quesi occhiali usati per scopi sia professionali che personali, non vengono considerati come Dispositivo Speciale di Correzione.

Ad oggi, gli strumenti per il comfort oculo-visivo come le lenti progressive non sono oggetto di una vera e propria letteratura scientifica a cui il medico del lavoro possa fare riferimento. Esistono degli studi che certificano la presenza di cefalea o di disturbi muscolo-scheletrici fra gli utilizzatori professionali di occhiali progressivi; altri studi si schierano invece a favore, soprattutto nel settore degli optometristi.

In assenza di riferimenti certificati e concreti, il medico del lavoro può rivolgersi direttamente all’utilizzatore finale: i videoterminalisti, stando ad uno studio del 2011, nella maggior parte dei casi sono insoddisfatti dall’utilizzo di lenti progressive.

Al medico del lavoro si presentano quindi alcune questioni: il livello tecnologico raggiunto dalle lenti progressive è sufficiente? Coloro che si schierano a favore o contro l’utilizzo delle lenti sono guidati da ragioni “commerciali”?
Solo rispondendo a queste domande, il medico del lavoro può garantire i necessari standard di comfort e sicurezza oculo-visivo del lavoratore videoterminalista.

Il medico del lavoro deve quindi potersi appoggiare ad un collega specialista, in questo caso un oftamologo (o oculista, ben diverso dall’ottico), che tuttavia dovrà sempre tener conto delle indicazioni del medico del lavoro stesso e delle caratteristiche dell’attività svolta dal videoterminalista (es. tempistiche, modalità, mansioni).

All’oftamologo al quale il medico del lavoro si rivolge viene richiesta la realizzazione di una lente con caratteristiche specifiche, soprattutto nel caso di un occhiale progressivo.
È infatti necessario ricordare che la realizzazione di una lente progressiva realmente efficace, sebbene prescritta dal medico del lavoro, richiede necessariamente l’intervento di un valido optometrista.
Bisogna inoltre tenere presente che difficilmente un’unica lente progressiva è in grado di ottemperare a tutte le esigenze dell’utente. In ogni caso, compito del medico del lavoro è valutarne l’utilità e l’apporto effettivo.

Per il medico del lavoro è fondamentale considerare l’utilizzo che si fa degli occhiali: nel caso di un utilizzo limitato all’ufficio, è preferibile una lente per distanza medio-vicina; l’attività in esterno richiederà invece l’adozione di un occhiale per le media-lunga distanza.

In conclusione, l’utilizzo di lenti progressive per videoterminalisti è sicuramente un’opzione che il medico del lavoro può considerare: sebbene si tratti di uno strumento che presenta ancora evidenti limiti tecnici, costituisce una soluzione di compromesso ottimale, e l’ampia diffusione ne è la miglior prova. È tuttavia necessario che il medico del lavoro coordini la propria attività con quella di ottici e optometristi per fornire al lavoratore lo strumento più indicato per le proprie necessità.
FONTE: Paolo Trau’ http://www.anma.it/wp-content/uploads/2015/06/interno-mcj-1_2015-2.pdf